Chi siamo.
La Galleria Antonio Verolino, situata in pieno centro a Modena, prende vita nel 2015 dall’innata passione per l’arte del suo gallerista, Antonio Verolino che ha sapientemente sfruttato le competenze maturate nella prestigiosa azienda di famiglia, riconosciuta come una delle più importanti realtà, sia in campo nazionale che estero, dell’antiquariato tessile di arazzi e tappeti. Da qui l’intento preciso di coniugare l’arte contemporanea al manufatto tessile.
La Galleria Antonio Verolino condivide con i propri artisti un percorso creativo di crescita e reciproca conoscenza. Un cammino di intensa collaborazione vissuto all’insegna di un estro senza muri e confini che si traduce in un’offerta sempre attuale dal forte potere evocativo. Antonio alla competenza dimostrata nell’ambito dei manufatti tessili ( tappeti e arazzi ) ha saputo coniugare uno spirito innovativo capace di indagare senza retorica ogni sfumatura dell’arte hic et nunc. Ecco dunque che la Galleria Antonio Verolino non solo chiama al confronto con l’arcaica e magica abilità tessile maestri già affermati (confronto dal sorprendente impatto creativo che genera mirabilia tutt’altro che effimere) ma si propone anche come fucina di talenti extra-ordinari, laboratorio dove il risultato del processo artistico è sogno concreto da vivere, usare, respirare.
Dove siamo.
La Galleria Antonio Verolino si trova in Piazza Roma (angolo via Farini), cuore pulsante di Modena restituito di recente al suo antico incanto. Un incanto che molto deve al Palazzo Ducale, magnifico esempio di edificio principesco del Seicento che oggi ospita l’Accademia Militare, riconosciuto fiore all’occhiello della città. Ma se primo attore è senza dubbio “Lui”, sublime ed elegante espressione di un barocco solenne, la Piazza che fu “reale” – ai tempi del ducato accolse infatti Re e Papi in vista agli Este – ne è degno palcoscenico. Un palcoscenico che vede anche protagonista Ciro Menotti, patriota modenese ricordato nei libri di storia per i moti del 1831. E che qui, reso immortale dallo scultore Cesare Sighinolfi, volge lo sguardo verso quello stesso salotto realizzato in oro zecchino dove l’aneddotica vuole che il duca Francesco IV ne firmò la condanna a morte.